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Reporter per un giorno

Il Progetto REPORTER PER UN GIORNO, promosso da ANCI e curato da RCS Sport, si rivolge agli studenti delle Scuole secondarie di secondo grado delle Città di tappa toccate dal Giro d’Italia 2025.

Un’iniziativa che unisce scrittura e passione sportiva: Reporter per un Giorno attraverso video-lezioni, materiali didattici e testimonianze di operatori del settore – dà la possibilità alle ragazze e ai ragazzi di riflettere sull’importanza di uno storytelling efficace, consentendo anche di mettersi in gioco per vivere sul campo un’esperienza unica durante un evento sportivo emozionante come il Giro d’Italia.

Il Progetto prevede infatti l’individuazione di studenti meritevoli, tra quelli appartenenti alle Scuole del territorio interessato dal Giro che, all’esito del percorso formativo, verranno accolti alla partenza oppure all’arrivo delle 18 tappe italiane dell’Edizione 2025 da un professionista di RCS Sport che li guiderà nell’apprendimento dei “trucchi del mestiere”.

Al termine della giornata i giovani Reporter si dovranno cimentare nella scrittura di un articolo che racconti “le emozioni” della giornata vissuta alla Corsa Rosa.

ANCI supporta i territori coinvolti dalla Corsa Rosa, con numerose iniziative, tra cui anche Reporter per un Giorno, la partecipazione di un Team ANCI al Giro-E e i Workshop in alcune tappe di partenza dello stesso, realizzate nell’ambito del più ampio programma di intervento finanziato dal riparto del Fondo per le politiche giovanili destinato ai Comuni.

 

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Tappa 17

San Michele all'Adige (Fondazione Edmund Mach) - Bormio

News Reporter Tappa 17

San Michele si tinge di rosa: arriva il Giro nel giardino del vino

Nel giorno in cui danzò il Drago Rosa

Bormio: dove tradizione e ambiente corrono su due ruote

San Michele si tinge di rosa: arriva il Giro nel giardino del vino
Nel giorno in cui danzò il Drago Rosa
Bormio: dove tradizione e ambiente corrono su due ruote

A cura di Arianna Zomer

Nel cuore del Trentino, in particolare lungo la Piana Rotaliana, tra ordinati filari di Teroldego e colline che profumano di storia e poesia spicca San Michele all’Adige: un piccolo borgo che racconta un’Italia fatta di natura, passione e sportività. Un luogo che nel 2025 ha avuto l’onore di ospitare, per la prima volta, una tappa del Giro d’Italia. Oggi, mercoledì 28 maggio, il Giro è partito proprio da qui, in direzione Bormio.

Questo piccolo borgo, che conta poco più di quattromila abitanti, si è subito messo all’opera per trasmettere, anche agli spettatori, tutta la magnificenza di questo evento. Fra striscioni dipinti di rosa e aiuole decorate a tema, l’aria a San Michele si è fatta più soave. Il cielo sembra essersi tinto di rosa, così come l’anima dei paesani, che hanno atteso con voga l’ora della partenza.

Per la prima volta San Michele viene messo al centro dell’attenzione diventando, a tutti gli effetti, un palcoscenico internazionale: il colore delle maglie, le grida di gioia degli abitanti, la felicità collettiva hanno dimostrato quanto il ciclismo sia radicato nell’anima di questo luogo. Bisogna però ammettere che il Trentino non è una regione così estranea al ciclismo e alle gare che lo costituiscono. Grandi campioni hanno cominciato le loro avventure proprio qui, fra queste valli: basti pensare a Francesco Moser, cresciuto fra i vigneti terrazzati della Val di Cembra, titolare di ben 273 vittorie. Assieme a lui possiamo ricordare Gilberto Simoni, vincitore del Giro d’Italia del 2001 e del 2003 e per ultimo, ma non per importanza, Maurizio Fondriest, che a soli ventitré anni riuscì a raggiungere la vetta più alta di tutte, diventando Campione del Mondo a Ronse, in Belgio.

Ma San Michele non ospita solamente una magnifica comunità, unita e solare. Bensì è anche sede dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, fondato ben centocinquanta anni fa, che ha come eccellenza la ricerca e la formazione legata alla terra e a tutto ciò che la riguarda. Un’istituzione che, esattamente come il ciclismo, ci insegna che i frutti migliori nascono solamente dal duro lavoro, dalla pazienza e dalla costanza.

Il Giro d’Italia è la prova finale, la meta da raggiungere. Dopo mesi di preparazione atletica, di sacrifici e di pazienza finalmente si corre e si è pronti a dare il massimo.

La tappa di montagna di oggi si rivela alquanto ardua a causa delle due lunghe ed importanti salite nella parte centrale del percorso: da San Michele all’Adige i ciclisti arriveranno fino a Bormio, risalendo inizialmente la Val di Non fino a Cles per poi affrontare la Val di Sole e il Passo del Tonale con una pendenza media del 6%. Dovranno poi dare il massimo lungo la discesa di Ponte di Legno, per poi tornare in salita, lungo il Passo del Mortirolo.

Ho avuto la possibilità di partecipare al progetto “Reporter per un giorno”, promosso da RCS Sport, che mi ha permesso di osservare il Giro non solo da una prospettiva esterna, ma anche da dietro le quinte. Ho potuto quindi carpire le emozioni dei paesani e, soprattutto, quelle dei ciclisti; i quali si sono mostrati molto emozionati e tesi, ma comunque pronti a lottare per raggiungere Bormio. Bormio, che non è solo una tappa, ma anche una meta che li porterà, nei giorni a venire, sempre più vicini alla fine del Giro e, di conseguenza, alla vittoria di uno di loro.

 

A cura di Arianna Zomer, Istituto agrario di San Michele all’Adige

A cura di Alessio Trentini

C’è un momento, tra i primi raggi che sfiorano le cime, in cui San Michele all’Adige tace.

È un silenzio denso, sospeso, quasi sacro. È il respiro trattenuto di un borgo che si appresta a diventare crocevia di storie, fatica e gloria.

Fu nella 17a tappa della Grande Corsa Rosa 2025 che le ruote degli eroi giunsero qui, dove la pietra parla ancora la lingua degli antichi e le vigne sussurrano i segreti della terra.
Ma prima della battaglia, c’è sempre l’attesa.

San Michele, borgo vetusto e silenzioso tra le Dolomiti, all’alba di quel giorno prescelto, si ridestò col cuore sospeso: non era un’alba qualsiasi.

Ancora l’aurora non aveva dischiuso le sue dita d’oro, e già i preparativi fervevano. Vessilli dai colori antichi levati ai balconi, i bambini appesero ai vetri gli occhi lucidi, gli anziani sedettero come sentinelle, pronti a riconoscere ciò che fu e ciò che torna.

I corridori arrivavano uno dopo l’altro, accolti dagli applausi di un pubblico vibrante e da scolaresche vestite di rosa, con disegni e cartelli in mano.

L’Italia fremeva, dopo il podio tricolore della 16a tappa.

Nella zona partenze, tra le maglie tecniche e l’aroma di caffè, ho scambiato due parole con Lorenzo Fortunato, che confidava nel lavoro di squadra per superare le salite, e con altri corridori che parlavano del Mortirolo con rispetto: «È una montagna che non perdona. Non sarà oggi che si vince il Giro, ma si può iniziare a perderlo».

Un grande talento emergente della Red Bull-BORA-Hansgrohe, Giulio Pellizzari, è diventato il punto di riferimento della squadra dopo il ritiro di Primož Roglič, trovandosi così nella posizione di poter superare i propri limiti e mettere in mostra tutto il suo potenziale. Il favorito della giornata, Isaac Del Toro, appariva scosso dalla tappa di ieri, ma determinato e sorridente. Indossava la maglia del UAE Team Emirates tinta di Rosa con fierezza, consapevole di guidare una classifica generale ancora aperta. I distacchi erano risicati: bastava una crisi sul Mortirolo per ribaltare il tutto.

Le campane tacquero. Persino le api tra i filari del Teroldego rallentarono il loro canto.
San Michele era divenuta soglia: tra veglia e sogno, tra memoria e gloria.
Attorno, si stendevano i vigneti del Teroldego, rosso nobile come sangue di drago. Dormivano gli asparagi di Zambana, scorrevano acque fredde dove guizzano trote argentate. Nei cieli volavano le api del miele di rododendro e sopra tutto vegliavano le cime, immobili come statue di antichi re.

Poi giunse l’Ora. All’inizio fu solo un fremito. Poi un sussurro. Poi il rombo. Poi il vento.
Le prime furono le moto, gli stendardi, le voci squillanti. Poi le ammiraglie. E infine…il gruppo.
Un’armata di gambe, ruote, cuori e silenzi. Ogni ciclista un eroe, ogni volto un destino.        Le biciclette non toccavano il suolo: lo accarezzavano come spiriti alati.
Quando passarono, il tempo si arrestò. Persino il fiume, si mormora, rallentò il suo corso.      I bambini tacquero.

Le montagne trattennero il respiro.

Quando l’ultimo guerriero scomparve oltre la curva, rimase il silenzio. Ma era il silenzio sacro che segue il prodigio.

Quel giorno, sì, il Giro passò. Ma non solo passò: lasciò un’impronta eterna nel cuore del Trentino.
Io, che conobbi prima la penna che la bicicletta, fui scelto per raccontare non come cronista, ma come bardo.

Perché il Giro non è solo una corsa: è un poema scolpito nella luce, nella fatica, nel tempo.
Con la benedizione dei monti e il fremito dei cuori, il drago rosa danzò.

A cura di Alessio Trentini, Istituto Martino Martini corso AFM di Mezzolombardo (TN)

A cura di Aurora Casa

Ci sono luoghi il cui significato non può essere ignorato. Che sia sperimentandoli fisicamente o attraverso il piccolo schermo, la magia di queste località colpisce, sorprende, commuove. Luoghi che parlano, che invitano lo spettatore a visitarli, luoghi che, una volta raggiunti, sanno farci sentire a casa.

E oggi, lo spettacolo della corsa ha portato sotto gli occhi del mondo uno dei territori più affascinanti e autentici delle Alpi italiane. Nel più profondo nord Italia, abbracciata dalle Alpi Retiche, sorge la valle di Bormio, borgo intriso di tradizioni uniche. Due salite leggendarie, il Tonale e il Mortirolo, hanno messo alla prova le gambe dei corridori e il cuore degli spettatori, introducendoli nella Magnifica Terra di Bormio.

Bormio è una cittadina speciale, con i suoi equilibri e peculiarità. Sospesa nel tempo, è sempre pronta a ospitare chi desidera scoprirla e chi l’ha lasciata per ritornarci, anche dopo anni. Questa meravigliosa terra sarà sempre un luogo che permette la connessione con la natura. Sono infatti molteplici le opportunità di benessere psicofisico offerte da questa località: tra tutte, ricordiamo i passi alpini, agognati dai ciclisti più arditi, l’indimenticabile pista Stelvio, che nel 2026 sarà scenario delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina, i numerosi percorsi escursionistici per appassionati di mountain bike, le acque termali, apprezzate e conosciute sin dall’epoca romana.

Ad uno sguardo poco attento, Bormio potrebbe apparire come una qualsiasi località turistica, quando in realtà è molto, molto di più. L’accoglienza che Bormio riserva ai visitatori è solo un tratto della sfaccettata personalità di quest’area, le cui tradizioni la rendono più unica che rara: imperdibile è la manifestazione dei Pasquali, che affonda le radici nell’antica cultura contadina del XVII secolo. Il Bormiese conserva ancora le abitazioni contadine tradizionali e i palazzi del potere, con affreschi e dipinti che rimandano alla cultura religiosa e alla dominazione grigiona.

Il ciclismo, forse più di ogni altro sport, sa raccontare i luoghi. Lo fa con la fatica e il sudore dei corridori, con l’entusiasmo e la passione degli spettatori, con le riprese panoramiche che regala angoli di Italia sconosciuti. E così è stato anche oggi quando il Giro ha regalato riprese sulle imponenti e maestose montagne dell’Alta Valtellina e dai paesaggi plasmati dall’uomo, testimoni della sua coesistenza con la natura spesso severa. Le imponenti vette sembrano osservare superbe l’arrivo degli atleti con un pizzico di meraviglia. Meraviglia dovuta alla tenacia con cui gli atleti sono in grado di affrontare le difficoltà del territorio.

Dopo le pendenze implacabili del Mortirolo, la corsa ha cambiato versante, correndo parallela a una memoria dolorosa: la frana del 1987, che sconvolse la valle e ne segnò per sempre il volto. Uno sfregio nella montagna che ancora oggi ricorda il fragile equilibrio tra uomo e natura. Eppure, proprio da questa consapevolezza nasce la bellezza del Bormiese: un territorio che ha imparato a convivere con la sua natura severa e che da essa ha tratto forza, identità, armonia. Questo anche grazie alla presenza del Parco Nazionale dello Stelvio, che dal 1935 si adopera per far dialogare natura e presenza antropica, cultura e sport.

La diciassettesima tappa del Giro, tuffo tra tradizione e ambiente, si è conclusa con la vittoria di Del Toro che, mantenendo la maglia rosa, celebra la vittoria con un inchino rivolto alla valle.

A cura di Aurora Casa, Istituto Alberti Bormio

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