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Non c’è Giro senza le Dolomiti

23/05/2021

La tappa di domani, in un certo senso, è la quint’essenza del Giro d’Italia.

Inutile negare che quando si pensa alla Corsa Rosa vengono in mente i grandi tapponi alpini, i passi dolomitici, quelli dove si è scritta la storia di questa fantastica corsa. E allora basta guardare l’altimetria per rendersi conto che la frazione di domani racchiude perfettamente tutte le caratteristiche che hanno reso grande il Giro d’Italia.

“La corsa più dura del mondo nel paese più bello del mondo”. Beh, ecco la prova! Sacile-Cortina d’Ampezzo, 212 km e 5700 metri di dislivello con tre splendidi passi dolomitici: Passo Fedaia, Passo Pordoi e Passo Giau. Chi potrà godersi lo spettacolo in televisione si divertirà senza dubbio, chi sarà in gruppo sicuramente molto meno, anche perché il tempo non promette nulla di buono, tanto per rendere ancor più epica una tappa che lo sarebbe stata anche con un sole splendente. Sul Fedaia si prospettano 6 gradi con pioggia e nevischio, sul Pordoi 4 gradi e pioggia, sul Giau 2 gradi e pioggia. Considerando che nel ciclismo ci sono anche le discese, meglio coprirsi bene e incrociare le dita.

Questi sono passi mitici, che hanno visto darsi battaglia i migliori scalatori della storia dello sport. Il più “giovane” dei tre è il Passo Fedaia (2057 mt, 14 km al 7,6%), meglio noto come la Marmolada, che venne inserito per la prima volta al Giro nel 1975. Il terribile rettilineo di Malga Ciapela, circa tre chilometri quasi completamente diritti ad una pendenza media del 12% e punte al 15%. Si tratta, oltre che di uno dei tratti più difficili di tutte le salite dolomitiche, di una delle strade alpine che permettono velocità in discesa molto elevate, anche oltre i 100 chilometri orari. Domani, però, sarà meglio evitare… con la strada bagnaticcia non è consigliabile.

Poi c’è il Passo Pordoi (2239 mt, 11,8 km al 6,8%), che è sinonimo di Giro d’Italia (quest’anno sarà pure Cima Coppi). Dal punto di vista delle pendenze non è certo tra le salite più difficili, ma è una scalata talmente mitica e talmente impregnata di storia, che il solo fatto di poter dire “ho fatto il Pordoi” fa brillare gli occhi a tutti gli appassionati. Dal 1940, hanno conquistato questa vetta Gino Bartali, Fausto Coppi per ben cinque volte – e non a caso c’è un monumento a lui dedicato – Hugo Koblet, Franco Bitossi, Laurent Fignon e Miguel Indurain. Stavolta ci saranno Egan Bernal, Simon Yates e Remco Evenepoel, che il loro nome affianco a quello delle leggende lo inserirebbero volentieri.

Il vero giudice sarà però il Passo Giau (2233 mt., 9,9 km al 9,3 %), inserito in corsa per la nona volta, con la prima risalente al 1973 (era ancora in sterrato). La cima è posta a 18 km dall’arrivo, da lì sarà una veloce picchiata verso Cortina d’Ampezzo che, dopo aver ospitato quest’anno i Mondiali di sci, si prende l’onore e onere di allestire il traguardo della tappa regina del Giro d’Italia. E allora tutti pronti, domani si scrive un altro pezzo di storia.

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