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Giro d’Italia 2021, Tappa 13: Ravenna – Verona. Il Dante del ciclismo

20/05/2021

Giro d'Italia 2021, Tappa 13: Ravenna – Verona. Il Dante del ciclismo

Tappa 13: Ravenna – Verona. Il Dante del ciclismo

La tredicesima tappa del Giro 2021, da Ravenna a Verona, è senza dubbio la tappa più dantesca di un Giro d’Italia che vuole omaggiare così, nel 700° anniversario della sua morte, il poeta della Divina Commedia, il cui sepolcro è ancora meta di pellegrinaggio nel centro della città romagnola. A Ravenna, nel 1321, morì l’Alighieri dopo diciassette anni di esilio dalla sua Firenze. E a Verona soggiornò tra il 1313 e il 1318, prima di riparare in Romagna a chiudere gli ultimi anni la sua tormentata esistenza di fuggiasco. Al signore di Verona, Cangrande della Scala, Dante dedicò la terza cantica della Commedia, il Paradiso, e indirizzò un’epistola latina che costituisce un documento fondamentale per interpretare il contenuto del testo, dal punto di vista letterario e filosofico.

Verona, e in particolar l’Arena, ha salutato trionfatori finali del Giro come Battaglin e Moser, Basso e Carapaz. E a braccia alzate sono sfilati vincitori di tappa come Girardengo e Binda, Van Steenbergen e Poblet, Darrigade e Gualazzini. Ma se si parla di tappa dantesca, quindi medievale e ascetica, ma anche vibrante di pathos e invettive, al Ghibellin fuggiasco si accompagna di diritto il suo concittadino: Gino Bartali.

Ginettaccio vinse a Verona nel 1940, in una corsa che lo vide sconfitto e che gli rivelò, a sorpresa, il fatale antagonista dei suoi anni a venire: Fausto Coppi

Una caduta a inizio Giro e poi l’inaspettata esplosione del suo gregario esordiente, lo confinò, obtorto collo, al ruolo di previdente tutore. Il giovane Fausto vinse anche grazie al suo sostegno e incitamento: nella Pieve di Cadore-Ortisei, in fuga a due, sulle rampe del Pordoi, lo attese in un momento di crisi, lo spronò, lo scosse, gli strofinò il collo con una manciata di neve e poi lo portò con se al traguardo: primo Gino, secondo Fausto e maglia rosa assicurata alla Legnano.

Due giorni dopo il Giro arrivò a Verona per la sua penultima tappa. Come scrisse Orio Vergani, Bartali ci teneva a lasciare ancora il segno: tanto per ribadire che se qualcuno avesse pensato che per il vecchio campione quel Giro era stato un passaggio di consegne, si sbagliava di grosso. A Ginettaccio, in vista dell’arrivo veronese, bastò la breve asperità delle Torricelle – “uno zampellotto”, avrebbe detto lui – per accendergli l’estro rampichino e mettere in fila tutti quanti. «Il re della montagna – scriveva sempre Oriani – ha voluto vincere anche su questa piccola sentimentale salita veronese. Imprese sorridente, come per un campione del mondo di sollevamento pesi sarebbe quella di sollevare un uovo sodo. Bartali, vincitore delle Dolomiti, delle Alpi in Francia e dei Pirenei, ha trionfato anche sulla salita ove va a passeggiare, col breviario in mano, il piovano». Due giorni dopo, il 10 giugno 1940, l’Italia entrava in guerra. E per Bartali, Coppi e tutti gli altri si sarebbero raccontati destini diversi.

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