Il debutto delle Dolomiti al Giro d’Italia è avvenuto nel 1937, con la tappa Vittorio Veneto-Merano
Le strade dei passi non erano ancora asfaltate ma semplici carrarecce, muri di ghiaia e solitudine, “aspri come una tavola senza cibo”, come scrisse Orio Vergani.
Quel giorno Gino Bartali partì sui primi tornanti del Passo Rolle, continuò da solo per 107 chilometri e arrivò con oltre cinque minuti e mezzo sul secondo.
In montagna le strade asfaltate non c’erano nemmeno nel 1949, quando Dino Buzzati fu inviato dal Corriere della Sera al seguito del Giro – eppure fu un’edizione memorabile, con il grande scontro tra Coppi e Bartali che Buzzati raccontò come nessun altro.
Non c’erano neanche le immagini in diretta televisiva; la corsa si ascoltava alla radio o la si leggeva il giorno dopo sulle pagine dei giornali – eppure all’epoca il ciclismo era lo sport più seguito in Italia.
Al Giro 2021 le Dolomiti arrivano coperte dalla pioggia, che sopra i 2000 metri a tratti diventa neve.
Troppo pericoloso rischiare le discese in quelle condizioni, quindi la tappa regina viene accorciata.
153 chilometri invece che 212, 3900 metri di dislivello invece che 5700, niente più Fedaia e Pordoi, solo Crosetta e Giau.
Forse non sarà più regina, ma resta comunque una tappa principesca.
Anche perché meno strada significa più intensità, come un gas compresso di colpo in un contenitore troppo piccolo, e infatti già sulle prime rampe della Crosetta la gara esplode.
Vanno via in 24 tra cui la Maglia Azzurra Bouchard, Almeida, Brambilla, Kangert, Martin, Formolo e Nibali, che nella tappa di ieri aveva avuto problemi fisici e si vociferava potesse addirittura non partire, e invece oggi è all’attacco.
Lungo la discesa dopo il Cansiglio dalla fuga si avvantaggiano in sei, i più forti: Nibali e il compagno Ghebreizgbhier, poi Izagirre, Formolo, Almeida e Pedrero.