La presenza del complesso dei Giganti, stalagmiti millenarie alte fino a 20 metri, lascerebbe pensare a una frazione destinata agli uomini veloci
Difficile immaginare una corsa ciclistica dalla sua partenza tra gli abissi delle grotte, i cui spazi più maestosi sono talmente grandi che potrebbero contenere il Duomo di Milano: la caoticità delle concrezioni non offre uno straccio di indicazione su che tipo di gara possa emergere. La presenza del complesso dei Giganti, stalagmiti millenarie alte fino a 20 metri, lascerebbe pensare a una frazione destinata agli uomini veloci, dal fisico robusto. Anche gli albi d’oro della corsa rosa sarebbero concordi: ad Ascoli Piceno si sono imposti uomini del calibro di Di Paco, Bontempi, Petacchi. Giganti, appunto. Altre formazioni lanciano, però, un segnale opposto: il Cammello e il Dromedario sembrano sorridere a portatori d’acqua in libera uscita; ma ci sarebbero anche le più enigmatiche fette di lardo e di pancetta, le pelli di leopardo, canne d’organo, obelischi, e castelli delle streghe. Insomma, suggestivo, ma non risolutivo: le viscere della terra non sembrano adatte per la divinazione. Meglio tornare alla superficie, allora, anche questa rugosa, gibbosa, talvolta ideale sfondo per prove massacranti. Per trovarne una veramente notevole, bisogna tornare a inabissarsi, questa volta fino agli albori del ciclismo, quando il Giro si correva a punti e la maglia rosa era ancora di là da venire.