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Egan Bernal: il colombiano d’Italia

31/05/2021

Egan Bernal: il colombiano d’Italia

Egan Bernal: il Giro d’Italia non poteva avere vincitore più prestigioso.

Sarà che è un predestinato da quando ha 18 anni, sarà che ha la faccia da bravo ragazzo (ed è effettivamente un bravo ragazzo), sarà che ha vinto il Tour de France a 22 anni, sarà che ormai ha l’Italia nel cuore, ma vederlo sul gradino più alto del podio di Milano è il massimo che un appassionato di ciclismo potesse chiedere. Lo sconfinato albo d’oro della Corsa Rosa si è riempito di un altro fenomeno, di un corridore che è già nella storia di questo sport, perché solamente Gino Bartali, Eddy Merckx e Felice Gimondi prima di lui erano riusciti a vincere Giro e Tour prima dei 25 anni.

“La Maglia Rosa è speciale e il Giro d’Italia la corsa più bella del mondo. Non riesco a credere di averla vinta sul serio” ha detto Bernal appena prima di alzare il Trofeo Senza Fine. In Piazza Duomo esultavano tutti, i colombiani ovviamente erano incontenibili, ma anche gli italiani, che un po’ si sentono padri adottivi di questo portento. D’altronde un ragazzino in maglia gialla che a 22 anni, sul podio dei Campi Elisi a Parigi, dice “Grazie Italia!” per averlo accolto e fatto diventare un corridore vero non può che diventare un idolo delle folle del Bel Paese.

Bernal era un asso della MTB in Colombia ed è stato segnalato al talent scout Paolo Alberati dal CT della Nazionale colombiana delle ruote grasse, un altro italiano, Andrea Bianco. Così un 19enne Bernal è sbarcato in Sicilia nel 2016, ha vissuto qualche settimana a casa di Alberati, ha firmato il primo contratto da professionista con l’Androni Giocattoli e si è trasferito in Piemonte a Buasca (Torino), dove Gianni Savio e Giovanni Ellena hanno posto le basi per trasformarlo nel fuoriclasse che è oggi.

 

Per tutti questi motivi vederlo esultare e commuoversi in Piazza Duomo è quanto di più bello potesse esserci per il finale di questo Giro d’Italia

E pensare che prima della gara c’erano tante incognite sulla sua condizione fisica, su quella schiena che lo aveva tormentato nel 2020 e all’inizio di quest’anno. Addirittura, dopo l’inaspettata sofferenza sulla salita di Sega di Ala si temeva che gli fossero tornati i dolori. Invece no, Bernal ha risposto da campione, non solo per gamba ma anche per lucidità, spalleggiato da una squadra che una volta di più si è divertita a spadroneggiare, nonostante avesse perso Pavel Sivakov nelle prime tappe.

Quando a Campo Felice ha vinto la sua prima tappa, conquistando la Maglia Rosa, è scoppiato a piangere per l’emozione. Quando ha incontrato e abbracciato la mamma di Marco Pantani ha fatto lui piangere tutti. Quando sotto una bufera si è involato da solo sul Giau e, a pochi metri dall’arrivo, ha perso tempo e rischiato di incastrarsi pur di togliersi la mantellina e mostrare con orgoglio la Maglia Rosa, ha acceso l’entusiasmo dei tifosi e risollevato una giornata un po’ malinconica per la cancellazione di Fedaia e Pordoi, così come solo i predestinati sanno fare.

Non ci sono dubbi, il Giro d’Italia ha trovato un vincitore di prestigio, uno di quelli che impreziosisce l’albo d’oro e di cui non ci si dimentica in fretta.

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