Intervista con Giuseppe Martinelli e Luca Simoni, rispettivamente direttore tecnico e guru dell’alimentazione dell’Astana Qazaqstan Team. Che qui svelano il segreto per assicurare a ogni atleta la ‘benzina’ vincente.

Uno è il direttore tecnico che ha vinto di più nella storia del ciclismo: Giuseppe Martinelli, classe 1955. Tra i suoi atleti di un passato più o meno recente, ci sono Marco Pantani, Stefano Garzelli, Gilberto Simoni, Damiano Cunego, Fabio Aru e Vincenzo Nibali. L’altro è Luca Simoni, 46 anni, ex velocista dell’atletica leggera che ha studiato la scienza della nutrizione per poi applicarla alle due ruote. In qualità di grande boss e nutrizionista dell’Astana Qazaqstan Team, sono loro che decidono (con metodo scientifico) che cosa finisce nel menù e nelle borracce di Mark Cavendish e compagni. Ma da quando la nutrizione è diventata così importante? E come si stabilisce che cosa deve mangiare un campione? Ecco le loro risposte.

Partiamo da Giuseppe Martinelli, ex corridore e figura storia del ciclismo italiano. Come si è evoluto il ruolo dell’alimentazione rispetto al passato? È cambiato radicalmente. Negli anni 80-90 la regola era: mettere più benzina possibile nel motore per farlo funzionare meglio. Più che sull’alimentazione, ci si concentrava sull’allenamento o sulla strategia di gara. A partire dal 2000 c’è stata la svolta. All’inizio si pensava che bastassero i carboidrati e qualche vitamina. Poi, con l’aiuto dei nutrizionisti, abbiamo capito che serve molto altro. Siamo passati velocemente dal brodo di gallina, per dire, a 20 tipi diversi di barrette. Ma era necessario per dare ai corridori tutte le benzine che servono alla performance. Quindi non esiste una sola benzina? Certo che no. In una corsa lunga, per esempio, serve un carburante da usare al momento e uno di cui disporre nelle ultime ore. Abbiamo nutrizionisti che studiano una strategia a seconda dei percorsi e della tipologia di atleta, perché c’è chi brucia in fretta e ci mette più tempo. Ma bisogna prestare attenzione anche a quello che si è consumato il giorno prima. In una grande corsa a tappe come il Giro d’Italia si corre per 21 giorni, perciò il reintegro è fondamentale. Non tutti gli atleti rispondono allo stesso modo? Se prendiamo un velocista, nell’arco della giornata spende molto meno, ma ha bisogno di carburante verso la fine della corsa, per sprintare e affrontare la volata. Se uno corre per vincere una gara a tappe, allora spende molto già dalle prime ore di gara. La scienza dell’alimentazione ci ha fatto compiere passi da gigante, tanto che oggi assistiamo a imprese incredibili. Non è solo merito dell’allenamento e dei materiali, ma anche del carburante giusto. I corridori devono stare attenti anche a tavola? Sì, è essenziale. È il nutrizionista che decide ciò che il cuoco mette nei piatti. E lo fa in modo individuale: abbiamo otto atleti, ma ognuno spende in energie in modo diverso. Gli atleti la prendono bene? Sì nell’80-90 per cento dei casi. Ma imporre a uno che si è fatto 200 chilometri in bici di centellinare il cibo rischia di mandarlo in depressione. Questo vorrebbe mangiarsi una fetta di torta e il nutrizionista gli dice che è meglio rimandarla alla mattina dopo. Così anche la fase post corsa diventa difficile: l’ennesimo sacrificio dopo quello sui pedali. Era meglio ai miei tempi, quando più mangiavamo meglio era. O almeno così credevamo. Ha mai beccato qualcuno sgarrare? Sempre! Vuole un nome? Un grande campione che ho seguito a lungo: Vincenzo Nibali. Appena girava l’angolo, si concedeva un dolce, un caffè in più, una marmellata. Ma aveva un motore incredibile e nel ciclismo conta tantissimo: se il motore è buono, sopperisci un po’ a tutto il resto. Se è così così, o ti comporti seriamente o non sei competitivo. E Marco Pantani com’era? Scendevo la mattina e lo vedevo mettere la marmellata negli spaghetti. Allora pensavo: “Oggi è la giornata giusta!”. Era il suo modo per annunciare che c’era qualcosa di diverso, che avrebbe fatto qualcosa di importante. Ma lei li segue i consigli di Luca? Da lui sto imparando tantissimo e anche la squadra lo ha preso sottobraccio, perché tutti sanno quanto sia importante il suo lavoro. Ma sono sincero: se fossi stato un atleta nei tempi moderni, avrei fatto fatica. Piuttosto mi allenavo un’ora in più, ma guai a togliermi la pasta con il ragù. Se me l’avessero data in bianco, sarei andato fuori di testa!

Luca Simoni sorride e confessa: le motivazioni che hanno i ragazzi per fare questi sacrifici sono enormi. Diversamente sarebbe difficile seguire alla lettera i suoi consigli nutrizionali. Ci rivolgiamo a lui per saperne di più. A partire dalla domanda delle domande: esiste una regola aurea per andare forte? No, non ce n’è una sola. Il livello oggi è talmente alto che una miriade di dettagli fanno la differenza, compresa la genetica del corridore. La prima cosa importante è la composizione corporea: bisogna trovare il corretto rapporto tra la massa metabolicamente attiva, cioè i muscoli, e il peso corporeo. La ricerca del peso ideale deve tenere conto dello sforzo reale, potrebbe così risultare un errore iniziare una gara a tappe, tipo il Giro, troppo magri perché così si rischia di andare in crisi alla terza settimana. Per ogni atleta bisogna chiedersi: qual è il peso a cui rende di più? Un chilo in più o uno in meno? Poi? Bisogna cercare di testare tutto quello che accadrà nelle 3 settimane di gara. Non si può improvvisare. Così come si provano i materiali, si devono provare anche i protocolli nutrizionali. Ma l’allenamento va affrontato con la stessa intensità. Infine, bisogna cercare la copertura energetica più elevata che non generi problematiche gastro-intestinali: mangio di più e corro di più. Bisogna mettere a punto la qualità energetica di ogni alimento, per raggiungere il proprio limite. È questo che rende affascinante il ciclismo. Ogni atleta ha il suo piano nutrizionale? È così. Ogni volta che facciamo uno sforzo consumiamo carboidrati, grassi e proteine, ma poi subentra la magia della singolarità. Per progettare una gara si usa un modello predittivo di consumo calorico, che è differente un corridore all’altro, perché ognuno è un soggetto unico. Vale per tutti, non solo per i fenomeni, e dipende dal peso, dalla massa magra e grassa, dalla FTP (Potenza alla Soglia Funzionale) e dall’intensità dell’esercizio. Questo modello ci dice quante calorie il singolo atleta consumerà in una determinata tappa. Ma è sempre una scommessa, il modello si basa su uno specifico scenario ipotizzato, ma se questo non si verifica ricorriamo a correzioni a fine gara, quando i ragazzi scaricano i dati archiviati nel loro computerino. Se abbiamo dato da mangiare troppo poco, integriamo. Il recupero è davvero così fondamentale? Sì. Tutte le tappe costano, anche quelle in cui il gruppo viaggia compatto. Certo, più il percorso è impegnativo, più il recupero è importante. Serve sempre una quota proteica e un carboidrato ad alto indice glicemico. Il nostro lavoro è trovare alimenti e supplementi che forniscano tutto ciò. Come decidete l’integrazione durante la corsa? Esiste una strategia di gara decisa in base alla stima del consumo calorico, che viene parametrato a seconda del massimo sforzo che il corridore è in grado di fare. Stimiamo la percentuale di consumo dei carboidrati e la spalmiamo durante la gara. Le prime ore sono meno significative, perché il corpo ha già il glicogeno muscolare ed epatico, ma se non si inizia a reintegrarlo già dalle prime ore non si può pensare di avere la ‘gamba piena’ nelle ultime ore. Che consigli dà a un appassionato che partecipa a un gran fondo? Nei 2 o 3 giorni che precedono la gara, incrementare l’assunzione di carboidrati a colazione, pranzo e cena: è il cosiddetto carbo-loading. Il giorno della corsa, è bene fare una colazione completa, con una quota importante di glucidi per coprire lo sforzo successivo, e con i grassi ‘buoni’, come l’avocado o il burro di cocco. Ottimi anche i supplementi con effetto vasodilatatore o a base di nitrati, succo di barbabietola, oppure i sistemi per tamponare l’acido lattico come la beta-alanina. Infine, una raccomandazione durante il percorso. Bisogna ‘fare rifornimento’ e nutrirsi ogni ora, anche se non se ne avverte il bisogno, perché quando la fame si fa sentire, significa che la concentrazione di substrati energetici è già calata. Borraccia e gel sono fondamentali? Sì. A parità di quantità ingerita, una miscela che contiene maltodestrine/glucosio e fruttosio genera un vantaggio: permette al nostro organismo di utilizzare una percentuale superiore dei carboidrati assunti. Il razionale migliore? La mia opinione si allinea alle più recenti evidenze che indicano un rapporto tra glucosio e fruttosio pari a 1:0,8 più efficiente e capace di sostenere un incremento della capacità ossidativa fono al 74%. Se fa la differenza tra vittoria e sconfitta? Quando due atleti si equivalgono, sì.