Grazie all’attenzione alla sostenibilità di Trelleborg, il componente di un trattore diventa qualcosa di più: un prodotto che salvaguarda le coltivazioni e, quando usurato, rinasce a nuova vita.

Nei villaggi di partenza delle tappe del Giro d’Italia vi aspetta qualcosa di unico: un pneumatico da mezzo agricolo colorato di rosa, come la maglia del primo in classifica. Segni particolari? È amicissimo dell’ambiente. In particolare, ha giurato eterna fedeltà alle campagne attraversate dalla Corsa Rosa, dove grazie anche al lavoro delle migliaia di trattori su cui è montato, nascono le eccellenze alimentari del Belpaese. Lo trovate all’interno dello stand di Trelleborg, leader nella progettazione e produzione di pneumatici dalle applicazioni speciali, che ha fatto della sostenibilità il suo mantra. Basti pensare che alcuni dei modelli presenti nella sua gamma sono composti per oltre il 60 per cento da prodotti che derivano da ricicli e biomateriali.

Com’è possibile questa attenzione verso l’ambiente? È semplice. Alcuni pneumatici sono caratterizzati da una cintura, cioè la parte di rinforzo che sta sotto il battistrada, fatta di un tessuto di nome PET (polietilene tereftalato), che proviene dal riciclo delle bottiglie di plastica. Altri hanno una mescola creata con plastificanti che provengono dagli scarti di lavorazione dell’industria alimentare e non, come usava un tempo, con sostanze di origine sintetica, sfruttando anche un altro vantaggio di questi materiali, che è quello antiossidante. Tutto ciò garantisce infatti un effetto anti-age del prodotto: le molecole contenute in questo speciale olio, infatti, ostacolano la penetrazione dell’ozono e dell’ossigeno all’interno del pneumatico, contrastandone così l’invecchiamento. Sono piccole-grandi conquiste che contribuiscono alla salvaguardia del pianeta. Ma non vanno date per scontate: nonostante da anni la ricerca si concentri sui biomateriali, la disponibilità a livello industriale per il momento è ancora scarsa.

Anche il design dei pneumatici Trelleborg è speciale, perché risponde ai bisogni della terra su cui si muove. Tanto per cominciare, è disegnato per contenere i consumi di carburante e per lasciare sul suolo un’impronta larga, che distribuisca il peso del mezzo agricolo su una superficie più larga possibile. In questo modo, si riduce la pressione specifica e, con essa, l’effetto ‘compattamento’: si evita cioè di schiacciare troppo il terreno, evitando che si rovini così la sua micro tessitura, ovvero quell’insieme di canali che, proprio come gli alveoli polmonari di un ciclista sotto sforzo, permettono al sottosuolo di ‘respirare’ e di assorbire l’acqua.

Tutto questo è possibile grazie alla strategia di Trelleborg, che da anni si affida a una chimica nuova, più rispettosa del pianeta, capace di porsi un’altra domanda essenziale: che ne sarà dei pneumatici usurati quando saranno da buttare via? Per chi non è del settore, rispondere è un gioco di fantasia. Un tempo finivano riversati nelle cave. Poi venivano spezzettati e spediti nei cementifici per produrre energia o polverizzati e impiegati nei parchi gioco dei bambini e in quelli da calcetto. Oggi? Solo una piccolissima percentuale dei vecchi pneumatici può essere riutilizzata in nuovi modelli. Ma gran parte di essi rinascono a nuova vita. Vengono sottoposti a un processo di pirolisi, cioè processati ad alte temperature in assenza di ossigeno (dunque in un’atmosfera controllata), così da ottenere due sottoprodotti: una polvere nera grossolana detta carbon black da riciclo e un olio il cui riutilizzo è in fase di studio. Altri pneumatici finiscono sotto i nostri piedi. Dentro l’asfalto, per esempio, dove contribuiscono a ridurre il rumore del traffico e ad aumentare il grip contribuendo alla sicurezza. O nelle scarpe che indossate. Li vedete quei puntini neri di cui è tempestata la suola delle vostre sneaker? Con grande probabilità una volta era il pneumatico di un trattore. Proprio come quello rivestito di rosa che vi aspetta al Giro d’Italia.