Previene e tiene sotto controllo il diabete (ma anche altre patologie croniche), come dimostrano gli atleti del Fly Cycling Team. Fa bene all’ambiente. Che cosa aspettate a salire in sella?

Una bici per tenere lontana la sbornia (o l’astinenza) da zuccheri. È con questo spirito che anche quest’anno diversi atleti affetti da diabete del Fly Cycling Team partecipano al Giro-E, la manifestazione che si corre nelle stesse date e nelle medesime strade del Giro d’Italia. A guidarli da una speciale ammiraglia-laboratorio, esami del sangue alla mano, è il dottor Fulvio Ferrara, Direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio, Genetica Medica e Anatomia Patologica del Centro Diagnostico Italiano. «La quotidianità dei pazienti diabetici, soprattutto se giovani e quindi poco votati alla sedentarietà, può essere molto difficile» spiega il medico. «Il ciclismo gli cambia la vita e per noi è una soddisfazione enorme».

Ma cos’è questa patologia che fa ballare la glicemia? «È una malattia che ha una forma ereditaria e una che si manifesta indipendentemente dall’assetto genetico» continua il dottor Ferrara. «In tutti i casi, il problema è la scarsa produzione d’insulina, l’ormone che regola la concentrazione di glucosio nel sangue, scatenando pericolose oscillazioni. Bisogna tenere presente che gli zuccheri sono la benzina di primo impiego del nostro organismo. Se si abbassano troppo, la pressione scende, la testa inizia a girare, la mente perde lucidità. Se superano una certa soglia (80-100 mg/dl), si verifica un eccesso di energia che manda l’organismo in cortocircuito. Come se fosse un’ubriacatura».

Il diabete si tiene sotto controllo. Con la diagnosi tempestiva, con farmaci di nuova generazione, con metodi di somministrazione dell’insulina sempre più sofisticati: diversi atleti diabetici hanno un dispositivo sottopelle che monitora la glicemia e, quando questa esce dal range ottimale, rilascia insulina. Ma anche l’esercizio fisico svolge un ruolo importante. «Non tutto, però: di sicuro non gli sforzi massimali, come i 100 metri piani o il sollevamento pesi» precisa il medico. «Serve un esercizio di tipo aerobio, di resistenza. Perfetto il ciclismo, dunque, ma anche la corsa o il nuoto». L’effetto di queste attività? In pratica, danno una regolata alla glicemia. «Scatenano una serie di fenomeni a livello sistemico, come il rilascio delle catecolamine, dell’adrenalina e della noradrenalina, che inducono anche la liberazione d’insulina. La buona notizia è che quest’azione permane per ore e giorni e quindi i benefici, se l’attività fisica è regolare, si mantengono nel tempo». Dati alla mano, i ragazzi del Fly Cycling Team seguiti dal Centro Diagnostico Italiano ricorrono meno all’insulina. E vivono meglio.

Restano due tabù da sfatare. Primo: il potere dello sport vale solo per i diabetici. «Macché! Anche chi ha avuto un infarto ischemico, se non è di quelli più gravi, deve curarsi con l’esercizio: in questo modo, il tessuto cardiaco danneggiato viene supportato meglio da quello sano, reso più forte dall’allenamento» spiega il dottore. Secondo tabù (tanto amato dai pigri cronici): perché fare fatica? In fondo, contro le malattie non possiamo farci niente… «Errore!» conclude il dottor Ferrara. «La comunità scientifica non ha dubbi: lo sport di resistenza aiuta anche a prevenire le malattie croniche». Lo dimostra lo studio The Benefit of Cycling della European Cyclists’ Federation (ECF), secondo cui l’incremento dell’uso delle due ruote può far risparmiare ogni anno all’Europa circa 73 miliardi di euro per effetto della riduzione della spesa sanitaria e altri 735 milioni grazie alla diminuzione dell’inquinamento ambientale e acustico. È l’altro super potere, oltre a quello salvavita, della bicicletta.