«Nelle debolezze si nasconde la nostra forza» dice Neve, all’anagrafe Danilo Pistone, 34 anni, di cui gli ultimi 25 passati a realizzare opere d’arte en plein air. Dietro di lui, su una cabina appollaiata sulla strada in direzione Asti, lungo il tracciato della 19esima tappa, la sua ultima performance: una statua dell’Italia trafitta da crepe dorate. «Mi sono ispirato all’arte giapponese del Kintsugi per lanciare un messaggio positivo: quando qualcosa si rompe diventa ancora più pregiato, perché dalle ferite nasce sempre una nuova vita». E quelle crepe in realtà rappresentano una rete, quella del Giro e quella di E-Distribuzione. Entrambe uniscono l’Italia.

È ora di ripartire, insomma. E infatti la ripartenza è uno dei temi scelti da E-Distribuzione per Cabine Rosa, il progetto con cui la più grande società in Italia nel settore della distribuzione e misura di energia elettrica per il secondo anno consecutivo dipinge di speranza 12 infrastrutture disseminate lungo il percorso del Giro d’Italia. L’altro fil rouge è la sostenibilità, anche nelle materie prime: ai writers coinvolti è stato chiesto di usare solo vernici eco-sostenibili. Per il resto, liberi di lanciarsi in volata con la fantasia. «Io il Giro lo guardo attraverso il filtro dell’estetica, come se fosse un film» continua l’artista che ha esposto in tutta Europa e ha firmato anche la cabina sulla salita del Sestriere. «Magari non conosco i nomi di tutti gli atleti, ma che importa? Questo sciame di figure colorate che attraversa le strade è meraviglioso».

Writer di fama nazionale e internazionale per un racconto colorato carico di significato che fa superare gli stereotipi di writers come vandali incappucciati. «Quando ho iniziato, diversi anni fa, mi dicevano che deturpavo l’ambiente urbano» se la ride Mirko Cavallotti, 33 anni, in arte Loste. È lui ad avere lasciato il segno sull’infrastruttura di Monreale, dove Peter Sagan e company hanno sfilato a inizio ottobre, trasformandola in un mix azzeccatissimo di sacro e profano: un close-up di un biker con al centro un corvo che regge un ramoscello d’ulivo. «È un richiamo al racconto di Noè, che una volta finito il diluvio, dall’arca mandò l’animale per cercare una terra ferma da cui ripartire» spiega. «Siamo vicini al Duomo e il territorio è parte attiva dell’opera. E poi noi graffitari abbiamo una responsabilità nei confronti della popolazione: io, i miei lavori, li considero pillole di propaganda morale, che ci fanno aprire gli occhi su temi importanti».