“A dimostrazione che anche con il diabete si può fare sport ad altissimi livelli, due anni fa Simone Bonzanni, uno dei componenti del nostro team, di 23 anni ed affetto da diabete di tipo 1, è riuscito a portare a termine un’impresa pazzesca: l’Everesting Italia”, dice Fulvio Ferrara, Direttore Dipartimento di Medicina di Laboratorio, Genetica Medica e Anatomia Patologica del Centro Diagnostico Italiano. “Sulle strade dello Zoncolan, in poco più di 18 ore, ha percorso per 8 volte la salita, superando come dislivello quello del Monte Everest, pari a 8.848 metri. Un’impresa straordinaria, che deve essere di esempio e di stimolo per tutti coloro che ancora pensano che malattie come questa possano frenare lo sport”.

Sport come prevenzione, sport come inclusione, anche per chi è affetto da patologie croniche come il diabete: sono i due messaggi che il Centro Diagnostico Italiano sta diffondendo da quattro anni al Giro d’Italia e al Giro-E con il team FlyCycling, nato nove anni fa e composto anche da atleti diabetici.

“Come sappiamo, il diabete è una malattia molto complessa”, prosegue il dottor Ferrara, “le cui varietà sono sostanzialmente due: il diabete tipo 1, detto anche insulino-dipendente, e il diabete tipo 2, non-insulino-dipendente. Mentre per la prima variante l’origine è autoimmune, ha il suo esordio in età scolare e in adolescenza ed è la diretta conseguenza della distruzione delle cellule del pancreas che producono insulina, la seconda variante, che costituisce circa il 95% della patologia diabetica, compare solitamente dopo i 40 anni, non ha una componente autoimmune, ma le cause sono da ricercarsi, oltre che in alterazioni genetiche, anche in stili di vita scorretti”.

Gli fa eco Amedeo Tabini, team leader e presidente del FlyCycling Team: “L’avventura di Fly è iniziata come una scommessa: coinvolgere ragazzi affetti da diabete 1 a pedalare insieme, a praticare, nonostante la malattia, il proprio sport preferito a livello semiprofessionistico, una sfida che i ragazzi affrontano con determinazione, professionalità e soprattutto con grande senso di responsabilità nei riguardi di se stessi. Ovviamente i nostri atleti pongono un’attenzione particolare nella preparazione della gara, nel nutrirsi in modo corretto prima e dopo lo sforzo fisico, nell’uso degli integratori, nel dosare correttamente le proprie forze. La tecnologia in questi ultimi anni ci è venuta incontro: fino a qualche anno fa il ciclista diabetico era costretto, dopo un certo tempo, a fermarsi per controllare i propri valori di insulina. Ora non è più così: grazie all’utilizzo di microinfusori da applicare sulla pelle, che ‘imitano’ l’azione del pancreas rilasciando durante l’intera giornata il quantitativo di insulina necessario all’organismo, l’atleta non è più costretto a fermarsi e può proseguire tranquillamente verso la vetta”.

“Non solo”, aggiunge Fulvio Ferrara. “Lo sport è, assieme all’alimentazione, un fattore determinante nella prevenzione e nella cura del diabete di tipo 2. Se da un lato infatti abbassa i fattori di rischio quali peso eccessivo, ipertensione, valori elevati di colesterolo e trigliceridi, dall’altra il miglioramento dell’efficienza fisica e dell’apparato circolatorio che deriva dall’attività sportiva può contribuire alla cura stessa del diabete. Ovviamente, prima di salire su una bici, anche se a pedalata assistita, il diabetico deve avere il via libera dal proprio medico o dal diabetologo che lo segue, e che in base alla costituzione, all’età, al livello di gravità della patologia gli fornirà le indicazioni ‘su misura’ per come praticare lo sport”.